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Analizziamo due gruppi di editori: quelli grandi e medio-grandi da un lato (con un fatturato > 1 mio euro l’anno) e quelli piccoli e medio-piccoli dall’altro (con un fatturato < 1 mio euro l’anno).

Per i primi, i titoli la cui resa è superiore al fornito hanno rappresentato nel 2020 il 29% dei totale titoli movimentati. Per gli editori medio-grandi e grandi, cioè, praticamente un terzo dei movimenti è generato da titoli che non hanno venduto. 

editori alta bassa movimentazioneA questo si aggiunga che il 50% dei titoli movimentati, poi, è rappresentata da titoli con movimenti inferiori alle 100 copie.

Sommando quindi i due cluster precedenti, il 79% dei movimenti dei medio-grandi e grandi editori è per meno di 100 copie a titolo. Un grande sforzo di offerta di produzione e distribuzione con un’ incidenza complessiva sul fatturato vicina allo zero.

Negli editori medio-piccoli e piccoli le cose cambiano un poco anche se non sostanzialmente: il peso maggiore sul fatturato ce l’hanno i titoli da 100 a 500 copie (nei grandi editori quelli da 1.000 a 5.000 copie). I titoli più movimentati sono quelli da 1 a 10 copie, mentre il peso di quelli a somma 0 fra entrate e uscite è, anche in questo caso, del 27% ma sul fatturato pesano il doppio.

“Per entrambe le tipologie di editori, le classi a più bassa movimentazione rappresentano un elemento di depressione del fatturato. Per tutti gli editori, di ogni dimensione, il distributore offre lo spazio e i servizi per l’accresciuto numero di titoli, senza distinzione per dimensioni editoriali, benché il fenomeno dei titoli con performance critica sia rilevante e presente, con un risultato netto complessivo pari a zero in termini di fatturato e di conseguenza con un impatto negativo per tutta la filiera che sostiene costi, ma senza ricavi.”

È inevitabile proseguire in questo modo?

Da un intervento di Giuseppe Risetti che sarà parte di Mercanti di cultura. Modelli editoriali in transizione, edizioni Poligrafo.